La capacità di curare e valorizzare ogni individuo presente in azienda – espressa con la formula Diversity, Equity & Inclusion – è un asset strategico irrinunciabile per raggiungere risultati superiori in termini economici, di innovazione e di fiducia della business community. Eppure le imprese italiane sembrano non averlo ancora capito, o quantomeno non riescono a concretizzare le generiche “buone intenzioni” (che pure si diffondono sempre di più) in azioni realmente incisive, anche a breve termine. È quanto emerge da “Future of Work”, la ricerca curata da Inaz – Osservatorio Imprese Lavoro e Business International – Fiera Milano, che per l’ultima edizione si è concentrata sui temi della D&I con un sondaggio fra circa 100 HR Director di aziende italiane (settembre-ottobre 2022) curato da Fabrizio Lepri, docente di Gestione e Sviluppo delle Risorse Umane presso l’Università degli Studi di Roma Tre. «Abbiamo scelto un tema stimolante, complesso, che mette a confronto le generazioni e rientra nell’ambito più ampio della sostenibilità – commenta Linda Gilli, Cavaliere del Lavoro, presidente e AD di Inaz –. Tema che, soprattutto, comporta un forte commitment da parte dei vertici aziendali. La diversità, infatti, spaventa. Nel tempo si sono accumulati molti strati di pregiudizio. E sul pregiudizio sono stati costruiti muri di diffidenza. Senza ricorrere a giri di parole, vanno abbattuti. Perché la diversità delle persone è un valore prezioso, che arricchisce le imprese e chi nelle imprese lavora».
Sembra esserci ancora molto da fare per portare l’Italia su posizioni competitive per quanto riguarda l’inclusione e la valorizzazione delle diversità. La ricerca Future of Work 2022 conferma quanto da anni viene indicato dalle classifiche internazionali investigando per prima cosa sulle ragioni che spingono i vertici aziendali italiani a occuparsi di D&I: spicca la grande importanza che al tema viene attribuita sul piano etico (84% delle risposte), ma sono poco compresi i suoi risvolti in termini pratici, cioè di business (50% delle risposte) e fiducia della comunità finanziaria (42%). D’altra parte, una percentuale interessante di risposte viene però raccolta dalla voce “Engagement, attraction e retention” (64%): questo significa che sta crescendo nelle aziende l’attenzione alle generazioni più giovani, che sono più sensibili alle tematiche D&I. Per quanto riguarda poi le differenti aree di diversity, emerge che la maggiore attenzione viene posta su disabilità (78% delle risposte) e genere (76%), seguite dalle differenze generazionali (62%) e poi, a maggiore distanza, da orientamento sessuale, origine geografica e religione.