I rincari si abbattono (anche) sul prezzo della produzione di latte e dei suoi derivati. La crisi internazionale e il conflitto fra Russia e Ucraina stanno colpendo moltissimi settori produttivi tra cui, appunto, quello caseario. Come per altri prodotti, a pesare sul costo finale sono gli aumenti del costo dell’energia, dei trasporti e degli imballaggi. L’Unione Nazionale Consumatori rileva rincari record per il burro (il cui prezzo è salito del 17,4% rispetto allo scorso marzo) mentre latte conservato e margarina costano sugli scaffali il 5,7% in più rispetto a un anno fa. In realtà, dicono i produttori, la crisi era iniziata già prima e la guerra non ha fatto altro che acuire le difficoltà del settore. Con il costo delle bollette e del gasolio salito alle stelle non poteva che esserci una nuova ondata di rincari, che per ora gravano anche (e soprattutto) sui produttori di latte.
Il costo del latte per la stalla si aggira oggi attorno ai 50 centesimi al litro; tuttavia, (dettaglio non certo trascurabile per chi opera nel settore caseario) il prezzo pagato al litro è solitamente di 45 centesimi- 48 centesimi al litro. Insomma, così la filiera non può andare avanti. Già nel secondo semestre del 2021 si era già registrato un deciso aumento dei prezzi, nell’ordine del 7-8%, ma con lo scoppio della guerra le difficoltà si sono acuite.
“L’incremento dei costi del 20%” spiega a SkyTg24 il Cav. Lav. Giuseppe Ambrosi Presidente Ambrosi Spa e Presidente European Dairy Association “che sono da sommare agli altri costi sono quelli che noi dobbiamo portare verso il consumo. Se non ci riusciremo il rischio sarà per la sopravvivenza di tutta la filiera, quindi dell’industria di trasformazione e anche dei produttori di latte. Difficile prevedere se questi aumenti perdureranno nel tempo”. Sebbene i prezzi siano in aumenti anche sugli scaffali, secondo i produttori il costo sul mercato del latte e dei prodotti caseari resta troppo basso per fronteggiare la crisi.