Entrate scaglionate, controlli puntuali della temperatura corporea, guanti, mascherine, sanificazioni quotidiane, layout ridisegnati nei reparti per garantire adeguati distanziamenti: la riorganizzazione degli stabilimenti produttivi ha impegnato le parti sociali, ma ha permesso di riprendere a far girare le macchine, garantendo al contempo l’incolumità di tecnici, operatori e personale amministrativo. A spiegarlo è il quotidiano Corriere della Sera che in un articolo ha raccolto le testimonianze di alcuni imprenditori bresciani.
La conferma arriva dai risultati dei test effettuati dalle aziende — a loro spese e su base volontaria — in queste settimane: solo lo 0,4% di chi è tornato al lavoro dopo il 4 maggio — l’inizio della cosiddetta Fase 2 — è risultato positivo al Covid-19, mentre il 9% della forza lavoro ha sviluppato, pur in una condizione di generale asintomaticità, gli anticorpi necessari a difendersi dalla prima ondata pandemica.
Alcuni esempi: in Beretta a Gardone V.T. su 800 dipendenti otto sono risultati positivi al tampone, ma tutti si sono rivelati asintomatici; alla Streparava di Adro su 400 test sierologici, 78 sono risultati positivi e di questi solo quattro hanno riscontrato positività al tampone, di cui tre asintomatici; all’Alfa Acciai, su mille tamponi tre i positivi; alla Leonessa di Carpenedolo sono stati effettuati 233 test sierologici, 13 i positivi ma tutti negativi al tampone; alla Cromodora di Ghedi non è stato riscontrato alcun caso.
“È il frutto delle regole che ci siamo imposti e che sono state rispettate con grande senso della responsabilità. Le aziende bresciane si stanno rivelando nei fatti i luoghi più sicuri” ha dichiarato il Cav. Lav. Giancarlo Dallera, presidente di Cromodora ed ex numero uno di Aib confermando quanto il Protocollo sicurezza voluto dal Prefetto Attilio Visconti, messo a punto dall’Università Statale e condiviso dalle associazioni imprenditoriali e dalle sigle sindacali si stia dimostrando efficace.
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