Nel libro “Io che nasco immaginaria. Autobiografia” (Baldini e Castoldi), scritto insieme alla critica di moda e cara amica Daniela Fedi e in presentazione in questi giorni a Genova, il Cav. Lav. Boni parla della sua vita privata, della carriera e dell’impegno in politica che l’ha portata anche a fare l’assessora regionale alla Comunicazione della Regione Toscana nei primi anni di questo millennio soffermandosi anche sul valore che il prêt-à-porter aveva e dovrebbe ancora avere in Italia in quanto patrimonio d’artigianalità e di cultura del saper fare.
“Noi italiani siamo stati i primi a inventare le catene fast-fashion: penso a Stefanel, a Benetton che aveva 6000 negozi in tutto il mondo, tra cui uno in via Montenapoleone a Milano, dove si servivano padrone e cameriere. Avevamo un patrimonio con il nostro prêt-à-porter, un patrimonio dell’artigianato italiano: noi stilisti non siamo niente se non abbiamo la modellista giusta, che interpreta il disegno e la sarta che sa montare bene una spalla, un giromanica…”