Cav. Lav. Marco Tronchetti Provera
“Abbiamo di fronte un’opportunità di cambiare che non dobbiamo sprecare. Bisogna passare da una cultura fondata sull’assistenzialismo, sullo statalismo e sul debito a un’altra, che si basi sulla dignità del lavoro e liberi energia delle imprese con finanziamenti a lunghissimo termine, contributi a fondo perduto e in cui non manchino investimenti pubblici” ha dichiarato il Cav. Lav. Marco Tronchetti Provera, AD e Vice Presidente Esecutivo di Pirelli in un’intervista rilasciata al quotidiano La Stampa. “Penso che l’Italia abbia gestito bene l’impatto del virus. Il nostro ritardo non è nella riapertura ma nella corsa alla liquidità di cui necessitano le imprese. Germania e Francia sono arrivate prima di noi. Il conto sarà molto salato, bisogna fare in fretta” ha spiegato il Cav. Tronchetti Provera “nel rispetto degli obblighi delle banche verso la Bce e la Banca d’Italia vanno semplificate le procedure per i prestiti. Bisogna innalzare le garanzie al 100%, i finanziamenti vanno concessi in base ai progetti, non con esami formali della situazione attuale che è per forza di cose penalizzante”.
Una forte e urgente necessità di semplificazione. “Dobbiamo fare un esercizio di verità: siamo il Paese più indebitato, quello con la crescita più bassa. Non possiamo più permetterci di non utilizzare appieno i fondi europei ma per fare questo c’è bisogno che il governo ascolti l’Italia che produce. La politica, a volte, appare lontana dal mondo reale. Tra gli oltre 400 consulenti chiamati dal governo non compare un imprenditore che gestisca realtà industriali, agricole, commerciali, nella ristorazione o nel turismo. Nessuno ha chiesto di ascoltare le competenze dei vari settori, ora il governo può recuperare”.
“Senza l’Europa siamo destinati malissimo. Ma dobbiamo stare attenti: siamo già indebitati e di troppo debito si muore. Se il debito diventa un fardello troppo pesante da gestire vedo due rischi: avere un Paese commissariato dalla troika e la possibile rottura del sistema Europa. Serve una spinta come quella che il Piano Marshall impresse all’Italia nel Dopoguerra”
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