“Soprattutto adesso che, con la crisi della globalizzazione, il ruolo dello Stato torna ad ampliarsi, occorre riflettere sui punti di forza e di debolezza che avuto l’economia pubblica italiana. La cosa che funzionava di più era la progettualità. Il ministero delle Partecipazioni Statali aveva un compito di raccordo con le imprese, i sindacati, le banche: il sistema nel suo complesso. Questa progettualità tecnologica e industriale si è persa quando le Partecipazioni Statali sono state abolite e il pallino è passato in mano al ministero delle Finanze, dove nessun funzionario è mai entrato in una fabbrica. La cosa che, invece, non funzionava era l’ossessione pubblica di salvare sempre e comunque le aziende. L’errore strategico principale è stato quello di non capire che, se un’impresa è fuori mercato, va chiusa. È stato per esempio corretto, nella dimensione finale della Cdp definita dall’allora ministro dell’Economia Giulio Tremonti e dal leader delle fondazioni ex bancarie Giuseppe Guzzetti, inserire per statuto l’impossibilità di investimento in società in perdita” ha dichiarato il Cav. Lav. Luigi Roth nell’ambito di un’intervista rilasciata a Paolo Bricco per il Sole 24 Ore.
“Anche se il capitale di una impresa è controllato dal pubblico, la logica economica dell’efficienza deve prevalere. Può essere temperata da ragioni di impatto sociale. Ma l’eliminazione dello spreco e l’ottenimento del buon profitto costituiscono la prima garanzia di bene comune” ha spiegato.